mercoledì 5 gennaio 2022

DISCO DEL MESE - Gennaio

ANDREW PEKLER & GIUSEPPE IELASI Palimpsests - LP (Shelter Press, 2021)


Un disco sofisticato ma non per questo poco comunicativo, realizzato da due artisti che condividono una sensibilità comune nel manipolare i suoni e lasciar scoperte (affinché parlino) le profondità dell’Es. Mettiamo una cornice attorno al singolo operato di ciascuno prima di avventurarci nella disamina del lavoro. La musica che Andrew Pekler realizza in solo si basa su un concetto di tempo non lineare, con suoni cauti e circospetti che vanno a spasso tessendo trame aeree. Si potrebbe definirla una ricerca elettronico-sampledelica la sua, che salta a piè pari il sentimento incallito di nostalgia retrofuturista dei dischi della Ghost Box per assestarsi su delle astrazioni digitali che dell’hauntology conservano il candore, la timida grazia del ricordo che compare e poi svanisce, e dell’ambient quel senso di programmatica asciuttezza. Tutti meritevoli di ascolto i suoi dischi. Ma se proprio volete andare a pescare i gioielli della corona allora sappiate che i due che ha realizzato per la Faitiche di Jan Jelinek, “Tristes Tropiques” e “Sounds From Phantom Islands”, sono le sue cose più ispirate. A Ielasi invece va riconosciuta una tenace costanza nel perseguire un’idea di musica riduzionista, a volta fatta di niente (pensate ai Nmperign) che si traduce in dischi qualitativamente eccellenti per quanto non immediati o per ascoltatori mordi-e-fuggi dalle casse del pc scalcagnato. Da ricordare inoltre il suo prezioso operato coi mastering, sia dei lavori propri che di altri che si muovono sulle latitudini delle musiche altre (ascoltatevi che gran lavoro di rimasterizzazione ha fatto con il classico di Roden, “The Radio”: il pezzo risplende ora di una luce che l’originale non aveva lontanamente). I due, che si sono già incontrati una prima volta realizzando un lp per Planam nel 2013 “Holiday For Sampler”, ci riprovano ancora, dando (è il caso di dirlo) forma definitiva alla loro poetica unione delle forze. Nove pezzi. Fondali mobili, da placido meriggio, e trame elettroniche irregolari tracciate da mano miniaturista. Fasi di edificazione sfumate/rese poco evidenti al punto tale che sembra che i pezzi stessi siano dei ritagli, con un prima e un dopo che non ci è dato conoscere. Un’idea di sospensione che a me personalmente ha ricordato un mix di cose diverse, al di là dei modelli sui quali abitualmente lavorano i due e che costituiscono buona parte della strategia qui messa in campo. Si, sono cose che magari possono apparire forzate, semplici suggestioni, ma scrivere di musica comporta parimenti un salto nel buio e un’atto di generosità. Con tutti i rischi del caso. Ne riporto alcune delle suddette che mi hanno accarezzato durante l’ascolto: il tremolare discreto di certi passaggi strumentali degli inglesi Woo, il Mike Cooper materico-ambientale in collisione con l’exotica dei cd-r su Hipshot, la stratificazione simultanea di organico e inorganico del Quarto Mondo hassellriano, certa elettronica primi duemila del catalogo Sonig. Pekler e Ielasi senza quell’impellenza di significare e chiudere di molta musica d’oggi (specie quella post-umana di gente come Arca che, diciamolo, invecchierà più in fretta di quanto si creda) ci consegnano un lavoro che è un’esperienza, prima ancora che un ascolto. Bello! LZ





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