domenica 27 febbraio 2022

DISCO DEL MESE - Febbraio

 

MOSQUITOES Reverse Drift / Reverse Charge – 12” (Knotwilg, 2021)

Attribuire un orientamento a questo power trio inglese impone di scomodare un’etichetta che forse non è mai del tutto scomparsa, anche se oggi ha esaurito la sua carica, o forse sarebbe corretto dire che si è trasformata in altro da ciò che la costituiva agli inizi. Mi riferisco a quel postrock che a cavallo tra novanta e primi duemila contribuì ad aprire le strade al neokraut , così come anticipò le liquide notti di stelle weird folk e pure una certa riabilitazione del fare prog che era stata messa in soffitta - al di là degli sfoggi di tecnica si pensi alle suite strumentali di minutaggio esteso che a un certo punto abbiamo visto spuntare come funghi nei dischi. Come ben sappiamo per ogni genere-recinto, nelle fasi aurorali, c’è sempre un antro, nascosto alla vista, dove qualcuno tenta di forzare i giochi alla sua maniera. Per il postrock c’è un nome o meglio un disco, l’unico (si sciolsero lo stesso anno della pubblicazione) che quell’antro l’ha abitato e di cui quasi nessuno si ricorda: I Rome del cd autointitolato su Thrill Jockey. Riascoltato oggi stupisce di quanto fosse proiettato avanti per l’epoca, il 96, quel lavoro che tanto si basava sulla perdita di centro attraverso elementi dub, industrial e una certa idea free form a condurre le movenze. Un disco anni luce distante dal genere così come l'abbiamo conosciuto nella formula impollinazione incrociata tra forze libera-la-mente e sentimenti umbratili e un pò svenevoli. Ecco, avervi parlato dei Rome, mi sembra un ottimo modo per introdurre al discorso sui Mosquitoes e il loro ultimo maxi singolo, il settimo che pubblicano (dura ventiquattro minuti scarsi: due pezzi lunghi, uno per lato, che girano a 45). La prima cosa da sapere è che i tre amano le textures problematiche e costruire letteralmente tra le righe. Il più delle volte aiutandosi con piccoli segni distratti, lasciati cadere sulla struttura principale, quasi con l'intento di creare una serie di sbilanciamenti e irregolarità che aprano a più direzioni. Vista dall'alto: si amalgama/salda poco, non si raggiungono mai momenti pieni, saturi di suono (la chitarra è poco più di una schiuma abrasiva, quando emerge), e l'esilità la fa da padrona. Certo, è una esilità nervosa, circonfusa di bagliori elettrici e da cui non sai mai bene cosa aspettarsi, un po' come nel minimal rock da fosca torbiera dei Dead C. Curioso e meritevole di esser segnalato è l'uso delle voci, che ripetono dei suoni/parole come in trance, frammenti di non-senso che sembra sulle prime poesia sonora e/o esercizi dal logopedista. Conoscendo anche i loro lavori precedenti mi sento di dire che i Mosquitoes hanno un'energia comunicativa che in pochi possono vantare, oggi, maneggiando materiali simili. E che questa è la loro prova migliore. LZ


 

 

DISCO DEL MESE - Febbraio

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